Come si fa una tesi di laurea by Umberto Eco

Come si fa una tesi di laurea by Umberto Eco

autore:Umberto Eco
La lingua: ita
Format: epub, azw3, mobi
editore: La nave di Teseo


Tabella 2

Esempio di scheda bibliografica

III.2.4. La biblioteca di Alessandria: un esperimento

Qualcuno però potrebbe obiettare che i consigli che ho dato vanno bene per uno studioso specializzato, ma che un giovane senza specifica preparazione che si appresta alla tesi trova molte difficoltà:

– non ha a disposizione una biblioteca ben fornita perché magari vive in un piccolo centro;

– ha idee vaghissime su quello che cerca e non sa neppure da dove partire con il catalogo a soggetto perché non ha ricevuto istruzioni sufficienti dal professore;

– non può spostarsi da una biblioteca all’altra (perché non ha denaro, non ha tempo, è malato ecc.).

Cerchiamo allora di immaginare una situazione limite. Immaginiamo uno studente lavoratore, che in tutti i quattro anni si è recato pochissimo all’università. Ha avuto contatti saltuari con un solo professore, poniamo il professore di Estetica o di Storia della letteratura italiana. Accintosi a fare la tesi in ritardo, ha a disposizione l’ultimo anno accademico. Verso settembre è riuscito ad avvicinare il professore o un suo assistente, ma era periodo di esami e il colloquio è stato rapidissimo. Il professore gli ha detto: “Perché non fa una tesi sul concetto di metafora nei trattatisti del Barocco italiano?” Poi lo studente è tornato nel suo piccolo centro, un paese di mille abitanti, senza biblioteca civica. Il centro maggiore (novantamila abitanti) dista mezzora di viaggio. C’è una biblioteca, aperta mattino e pomeriggio. Si tratta, con due mezze giornate di permesso dal lavoro, di andarci a vedere se, con quello che trova laggiù, può farsi una prima idea sulla tesi e magari fare tutto il lavoro senza altri sussidi. È escluso che si possa comperare libri costosi, che possa richiedere microfilm altrove. Al massimo potrà andare nel centro universitario (con le sue biblioteche meglio fornite) due o tre volte tra gennaio e aprile. Ma per il momento deve arrangiarsi in loco. Se proprio è necessario può comperare qualche libro recente, edizione economica, spendendo al massimo una ventina di migliaia di lire.

Questo il quadro ipotetico. Ho cercato allora di mettermi nelle condizioni in cui si trova questo studente, mettendomi a scrivere queste righe in un paesino dell’alto Monferrato, distante ventitré chilometri da Alessandria (novantamila abitanti, una Biblioteca civica-Pinacoteca-Museo). Il centro universitario più vicino è Genova (un’ora di viaggio) ma con un’ora e mezzo si arriva a Torino o a Pavia. In tre ore a Bologna. È già una situazione privilegiata, ma non terremo in considerazione i centri universitari. Lavoreremo solo su Alessandria.

In secondo luogo ho cercato un argomento su cui non ho mai fatto studi specifici, e che mi trova passabilmente impreparato. Che è appunto il concetto di metafora nella trattatistica barocca italiana. È ovvio che su questo argomento non sono vergine del tutto, perché mi sono già occupato di estetica e di retorica: so per esempio che in Italia negli ultimi decenni sono usciti libri sul Barocco di Giovanni Getto, Luciano Anceschi, Ezio Raimondi. So che esiste un trattato del Seicento che è Il cannocchiale aristotelico di Emanuele Tesauro, dove questi concetti sono ampiamente discussi.



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